Vi era un tempo in cui il calendario agonistico era fitto di appuntamenti di prestigio, di quelli che non si potevano perdere assolutamente; una sorta di vetrina, dove, in un colpo solo, potevi ritrovare il gotha del bowling italiano. E non importava, alla fine, se si riusciva a portare a casa un risultato positivo, l’importante era poter dire … io c’ero! Oggi, a distanza di anni, di tutto ciò, da nord a sud, è rimasto solo il ricordo. Piacevole, ma pur sempre solo un ricordo, dei bei tempi che furono e che, quasi sicuramente, dati alla mano, mai ritorneranno. Altri numeri. Altri personaggi. Diversa disponibilità (chiaramente maggiore) economica dei singoli. Altro entusiasmo. Quello, però, lo possiamo ancora ritrovare, quasi intatto, nell’animo dell’organizzazione del torneo (Gino Della Torre – New Star) che, fra mille difficoltà (crediamo), è riuscito a raggiungere il prestigioso traguardo delle 50 primavere. Cinquant’anni e quarantasette doppi! Per la serie: pochi, ma buoni! con le medie testimoni inequivocabili di ciò: 2.475 minimo per essere nella Top 10; 2.685 per chiudere al vertice e molte individualità ben sopra il classico par (247 di media per Marco Reviglio; 227 di media per Eros Origlia). Il format prevedeva un Petersen (come si soleva chiamare al tempo) a 12, che ha impegnato per tutta la giornata i finalisti, nonostante un break programmato a pranzo. Fabio Gonella e Marco Reviglio, del Red & Black, hanno dominato questa fase, chiudendo a quota 5.489 birilli e con un vantaggio di +200 sui primi inseguitori, Tommaso Radi ed Alessandro Santu del Delirium (5.289), a loro volta avanti di 160 circa sui terzi, il Cobra di Spagnoli e Mangiacotti (5.115). Sulla vittoria finale, di uno dei tanti team piemontesi presenti, ha pesato senza alcun dubbio la prestazione maiuscola (anche se potrebbe sembrare riduttivo definirla così) del mancino “azzurro” Reviglio: 3 partite da “279” consecutive, 3 partite da “240”, un paio di “250” sparsi qua e la e due picchi, uno alto (283) ed uno basso (226). Una prestazione che, in un contesto internazionale o mondiale, avrebbe potuto aprire la pagina delle news di Sky Sport 24 delle ore 20. Quella sì che sarebbe una gran vetrina. Quella sì che sarebbe storia.
36 squadre “eccellenza” e 35 “cadette”, così come si chiamavano un tempo, si sono ritrovate, in terra d’Emilia, in aperta contesa per uno degli ultimi titoli di una stagione che volge al termine. Medie, a squadra, non proprio eccelse, se consideriamo che delle 12 finaliste maggiori solo una squadra, la prima classificata, è andata ben oltre quota 5.100, mentre tutte le altre si sono assestate sotto il par. Tuttavia, non sono mancate individualità di rilievo, con due “300”, realizzati da Luca Rossini del Silver Fox, in qualificazione, e da Erik Davolio dei Cobra, in semifinale, e con un 20%, circa, dei partecipanti sopra i 200 di media. Fra questi, in cinque sono andati sopra i 1.300, ma solo in quattro casi il contributo è valso il pass alla fase finale (vano il 1.305 della Roberta Benetazzo, del Team di Castelfranco). Il format prevedeva la divisione delle squadre finaliste in due gironi ed una classifica a punti determinata dagli scontri diretti fra giocatori, più un ulteriore bonus per la serie a squadra sopra gli 800 o 850 birilli, il tutto in previsione della classica difesa di posizione su partita secca. Il Cobra Milano, in tutto il suo percorso, ha nettamente dominato gli avversari, vincendo, poi, con merito il titolo italiano come vedremo. Ha dominato la qualificazione, con un parziale di 5.117 birilli, e la semifinale, con due serie shock da 947 e 1.043 (4.345 totale) arrivando, però, a pari punti con la formazione del Castelfranco Veneto. Nel bowling i casi di parità sono stati sempre risolti considerando il totale birilli, e ci sembra essere giusto così, ma, in tornei strutturati su gironi all’italiana, modello calcio, non si dovrebbe sminuire il valore dello scontro diretto (in questo caso a favore dei veneti). Archiviata questa nota, o meglio questa riflessione, resta la vittoria schiacciante dei milanesi contro i romani della Flaminia (812 – 655), primi del proprio raggruppamento, ma mai in partita nel match clou. Romani sconfitti, pur se di misura (752-742) anche nell’incontro per il bronzo, dove al Castelfranco Veneto è bastato il solo Renato Bortolon (249) per regolare il Le Privè. Per i “cadetti”, invece, titolo in casa per il Galeone, vincente (manco a dirolo) sui romani del Mondial Bowl 817-727. In un match “teso”, a guardare gli score, la differenza l’ha fatta Matteo Corazza (235), che già in qualificazione e semifinale aveva dato segni di grande equilibrio nel gioco. Bronzo, infine, per il Bowling Strike Cervere (759-715 sul Nerviano).
Il Campionato Italiano di Singolo, da sempre, chiude la stagione agonistica, assegnando il massimo riconoscimento possibile, oltre ad individuare il proprio rappresentante europeo. Una chiusura di stagione, a dir la verità, caratterizzata più da una serie di polemiche che dai birilli abbattuti. Per onestà intellettuale, il campionato italiano è stato solo una delle tante finestre da cui gettare qualche sassolino, a partire dalla decisione sulla doppia sede (Lazio e Veneto) fino ad arrivare a presunti complotti verso i giocatori stessi, senza tralasciare commenti trasversali sulla nazionale ed i suoi possibili rappresentanti (perchè ancora necessitiamo di valutazioni tecniche su chi la debba comporre?). Nel mezzo ci sono stati i numeri: quelli che ci hanno detto che, nel Lazio, per la massima categoria, maschile e femminile, 4 posti sono rimasti vacanti (40 su 44 e 20 su 24 rispettivamente) e che i famosi “papabili” azzurri, di quelli presenti al Campionato, non hanno tenuto in considerazione la portata dei proverbi dei nostri nonni. Eh sì! Chi di noi, infatti, non conosce il detto che … gallina vecchia fa buon brodo? Scherzi a parte, mentre in tanti si lanciavano su possibili pronostici sul vincitore, con Fiorentino, Radi e Celli (padre) quotati al minimo, Antonio Maddaloni de Le Privè, anni 63 (!) ha fatto saltare il banco. Dopo aver girato sui 190 e spiccioli di media le 16 partite di qualificazione, il mancino, padrone di casa, ha sfoderato due prestazioni maiuscole (alla luce delle medie generali): 418 – 334 contro Fiorentino e 394 – 338 contro Celli, per il titolo. Nella massima categoria femminile, vittoria quasi scontata per la siciliana Giada Di Martino, del Crackerjack. Prima in qualificazione a 185 di media, l’azzurra ha liquidato, in un doppio match quasi fotocopia, le due avversarie di turno nel match play: la Cuni Berzi dell’Insurbia 384 – 369, prima, e la padrona di casa, Annalisa Balzano, Flaminia, 383 – 364, poi. Le note più liete, tuttavia, sono giunte da più lontano: dal Veneto per la precisione, dove erano di scena le altre categorie, maschili e femminili. Nella fascia 2 vittoria per Franchini (Astroline) su Bruschi (Strikelander): 402 – 379 il punteggio finale. Nella fascia 3, grandissimo risultato, nel derby siciliano fra Bowling & Games e Crackerjack, per Giusto La Mattina. Primo in qualificazione con un vantaggio di +100 sul secondo, l’atleta palermitano ha dominato anche la semifinale, chiudendola a +60 su Mario Lo Faso, ritrovato, poi, nel match per il titolo: 500 a 442 lo score finale, con tanto di “300” ad incorniciare una prestazione a dir poco perfetta. Cornice perfetta, anche senza il trecento, per Alberto Totaro dell’Insurbia. Primo in qualificazione e secondo in semifinale, Totaro ha controllato agevolmente Carmelo Pandetta del Silver Fox, portando a casa un titolo meritato: 432 – 357 il risultato finale. Per le altre categorie femminili, giornata da “dimenticare” per le atlete campane, giunte, nella fascia 2 e 4, ad un passo dal titolo. Nella prima, la Matrullo, del Mistral, ha dovuto cedere in maniera netta il passo alla Di Pierro, del Primatist, 364 -444! Nella seconda, la Santamaria, Killer Pins, ha completamente staccato la spina nella seconda partita, lasciando via libera alla Triveri, del Black Star, 296 – 315. Nella fascia 3, infine, scalata chiusa con successo per la Anna Santini, del Red & Black. Quinta in qualificazione e quarta in semifinale, la piemontese ha battuto prima di misura la Elisa Primavera (328 – 321) e poi la padrona di casa Sommecal del Castelfranco Veneto 350 – 311.
Gli appassionati di cinema italiano, con particolare riferimento a quello interpretato dal grande Antonio De Curtis, in arte Totò, ricorderanno un passo celebre, del film La banda degli onesti, in cui Totò, del tutto ignaro della materia, riferendosi al prototipo del biglietto da diecimila lire da falsificare, esclamava, accompagnato da una mimica tutta partenopea: “rullo … rullo … quasi rullo” alludendo al fatto che il prototipo potesse essere quasi pronto per la stampa e, al contempo, fraintendendo completamente quanto richiesto dal “compare” tipografo, che alludeva, invece, ad un attrezzo del mestiere, simile ad un mattarello. Chi ricorda il film, ricorderà anche che lo stesso era ambientato in una Roma di fine anni 50, quella stessa Roma che, negli ultimi 10 giorni, invece, è stata capitale, non solo istituzionale, del bowling di un certo livello, avendo ospitato una delle tappe ufficiali del tour europeo. Adattando, all’occasione, la frase su citata, e speranzosi che il principe della risata non si sia risentito per questo, ci è mancato veramente … un soffio per vedere tornare a vincere un giocatore italiano, in una tappa del tour. Pier Paolo De Filippi, da perfetto padrone di casa, ha unito, nello spirito, un paese (bowling) di per se frastagliato, con una prova superba dal punto di vista mentale. La sconfitta, maturata al tie break (strike vs 8), dopo aver pareggiato il match finale 198 – 198, contro il tedesco Oliver Morig, pur assegnando il secondo posto, ha, in pratica, fatto “schizzare” il valore del suo … spread, proiettandolo in cima alla lista dei papabili azzurri, insieme, manco a dirlo, ai 4 moschettieri del Delirium, ancora una volta tutti qualificati agli step di finale e a loro modo protagonisti di un torneo impeccabile, come nel caso di Alessandro Santu, autore del primo ed unico “300” del torneo. Anche i numeri, a modo loro, sono stati protagonisti, come è normale che sia. Tanti italiani ai nastri di partenza, fra i 310 atleti accreditati, ed un 50% netto qualificati alle finali (22 sui 44 previsti). Le medie, nonostante le titubanze dei luoghi comuni, si sono mantenute “normali”, così come la classifica molto corta. Non sono mancati picchi sopra quota 1.300, ma il nucleo principale si è suddiviso fra i 1.296 della danese Mai Ginge Jensen (quinta in qualificazione e terza sul podio) e i 1.201 della norvegese Heidi Thorstensen (27° a +17 sul cut). Da addetto ai lavori, infine, encomio speciale per il lavoro professionale svolto dalla bowlzone.eu con una copertura mediatica, statistica e prospettica da 10 e lode.
Se Roma è città aperta, riprendendo il titolo di un film diretto da Roberto Rossellini, Ciampino è senza ombra di dubbio alcuno una tana chiusa, con Enrico Maddaloni nei panni di regista e protagonista indiscusso. Profondo conoscitore di ogni angolo di pista, il veterano mancino, in coppia con Andrea Canevari, ha lasciato giusto le briciole a chi cercava di mettere le mani sul doppio dedicato alla memoria di Rossano Rossi ed Enrico Petrelli. Alte le medie, con il Galeone della famiglia Celli sugli scudi con 2.623, di poco avanti (+4 e +6) su due formazioni della Flaminia: quella vincente e quella composta da Petrelli e Sciò. Il format prevedeva la divisione dei finalisti (14) in due gironi, con difesa di posizione finale per la definizione del podio. Nel primo girone, il duello è stato serrato fino all’ultima partita, che ha visto prevalere Canevari – Maddaloni di 13 birilli sui Silver Fox di Moscatelli – Sciascia, cui non è bastata una serie, l’ultima, da 467, per accedere al match per il titolo. Nel secondo girone, invece, il duo di casa del Mondial Bowling, con Magini e Medaglia, ha rapidamente fatto il vuoto alle proprie spalle, mantenendo a distanza (151 birilli) il primo inseguitore: il duo del Tiam di Sanguisin – Di Ruzza. Le due finali, per la gioia di organizzatori e pubblico, si sono mantenute, entrambe, molto equilibrate: quella di consolazione ha visto prevalere il Silver Fox di 6 birilli (820-814), mentre quella per il titolo il duo Canevari e Maddaloni. I vincitori hanno chiuso con un vantaggio di +18 (828-810) sui “cugini” della Mondial, in una sorta di vero e proprio derby di casa.
Metti un doppio in una … notte di mezz’estate, in quel di Milano, e prova a scriverne la trama, con tinte thrilling e finale col botto. Ecco la summa del doppio della Martesana che, per una volta, ha messo letteralmente in crisi i giocatori, che hanno sofferto, forse, non tanto il caldo quanto le condizioni delle piste. Solo 22 giocatori, sui 148 partecipanti, sono andati in doppia cifra, in una qualificazione che ha visto primeggiare i milanesi dei Cobra con Provenzi e De Paris (2.503). Chi credeva che alla domenica la musica potesse cambiare si è dovuto ricredere, tanto che solo il duo Bonciolini – Rutigliano, del Red & Black, è riuscito a mantenere il ritmo e difendere la posizione (la seconda), mentre dalle retrovie si avviava la scalata al titolo. La difesa dei piemontesi, tuttavia, si è rivelata assai amara, visto il risultato finale. Complice, infatti, un’ultima serie disastrosa, il duo si è visto agganciare, in vetta a quota 3.056, dai Lions di Zorzan e Pirozzi, premiati da un finale nettamente superiore, frutto anche di una grande prestazione del Massimo “nazionale”, in doppia cifra sia in qualificazione sia in finale. Per il Red & Black, invece, giornata poco in chiaro e molto in scuro, con due formazioni a podio (Bonciolini – Rutigliano e Capello – Boccato) sì, ma anche con l’amarezza di aver visto sfumare la vittoria per una … zampata.
Terzo appuntamento internazionale per i componenti del Delirium, presenti a Madrid, San Marino e Monaco, e terza prestazioene da incorniciare. Dopo le buone prove di Nicola Pongolini, nei primi due appuntamenti, è toccato ad Antonino Fiorentino il compito di confermare, nel terzo, e con miglior sorte, il motto caro all’ex allenatore dell’Inter Corrado Orrico (il gioco c’è, i risultati verranno). 188 i partecipanti, alla tappa bavarese, con due soli giocatori sopra quota 1.400 e poco meno di 1.300 per il cut, centrato, ancora una volta, da tutti i componenti del club. Numeri diversi da quelli di sette giorni fa, ma medesima sostanza: la conferma della bontà, spesso sottolineata, dei mezzi tecnici di questi ragazzi. In ossequio al detto … non vi è due senza tre, il bowling tricolore si aspettava, forse, un passo in avanti, in classifica, da parte di “Pongo“. L’emiliano, invece, è andato fuori al primo step di finale, così come il resto del gruppo al secondo, ad eccezione del bimane bolognese che, dopo aver passato il primo step di finale di un soffio ed il secondo grazie ad un “doppio” al decimo frame, ha dovuto tirare fuori dal cilindro il classico coniglio (270) per continuare la propria corsa, così come nello step successivo, dove, grazie ad un 256, è stato in grado di colmare il gap con gli avversari per guadagnare l’accesso al primo dei due step validi per la definizione del podio. Stanchezza e sfortuna (un 7 beffardo!) hanno preso, purtroppo, la scena nel momento sbagliato, consegnando, tuttavia, un soddisfacente terzo posto ad un Antonino Fiorentino visibilmente diviso fra soddisfazione e rammarico. Al di la del risultato, come abbiamo detto, resta viva la citazione … il gioco c’è … ed i risultati … stanno arrivando.
I giovani di oggi, forse, non conoscono, a fondo, l’eccitazione che si sprigionava quando, giocando al flipper, si attivava la modalità multiball, che ti permetteva di giocare con tre o anche quattro palline contemporaneamente, facendo lievitare, così, rapidamente il punteggio. Un po come, nel week end appena concluso, è accaduto in quel di San Marino, dove i flipper sono stati sostituiti da piste, birilli e bocce. È pur vero che, a torneo chiuso, i primi della classe sono risultati giocatori assai giovani (sotto i 30 anni mediamente) e con esperienze pregresse od in corso nel circuito pro americano, ma avere 7 giocatori sopra quota 1.500, un taglio a 1.408 (35°), ed una decina di 300 (oltre ad una sfilza di 298, 299 et similia) ci è sembrato un pelino esagerato, anche se indiscutibilmente spettacolare (per chi ha seguito live o in streaming il torneo). Spettacolo che potrebbe, però, non essere piaciuto al russo Zubkov, rimasto escluso dalla finale per 3 birilli, nonostante un 300 alla sesta partita (!), e che ha visto protagonisti una decina di giocatori italiani: il Delirium, che a nostro parere andrebbe trapiantato in Nazionale in toto (per manifesta superiorità tecnica), ha piazzato tutti i suoi dalla porta principale, insieme al sempre verde Federico Rossi, ad Erik Davolio ed al giovane Andrea Spadavecchia, mentre un altro manipolo ha approfittato dei pass speciali previsti dal regolamento. I primi due step di finale hanno visto scivolare fuori il grosso del gruppo, mentre Fiorentino e Spadavecchia si sono fermati allo step 3, insieme a Nicola Pongolini che, facendo il paio con Madrid, si è confermato ad un passo dal podio con un altro sesto posto pieno d’amarezza (qui out di 20 birilli con ben due partite da 160 nel set di sei). Mai, tuttavia, quanto quella dell’americano Doyle, sconfitto 718-716 dallo svedese Andersson e dopo aver bucato un 7 nelle battute finali. Amarezza sconosciuta, di contro, al nostro uomo copertina: Antonio Maddaloni. Autore di uno dei 10 “300”, ma lontano dalla zona calda, il mancino romano continua a vivere il bowling con una passione encomiabile. Un amore viscerale, che va al di la del risultato e dell’anagrafe, che manca in tanta parte del nostro movimento, anche e soprattutto fuori dalle piste. Eroe.
Quando si approssimano i mesi estivi è facile percepire nell’aria un senso di euforia, dovuta, spesso, all’arrivo delle tanto attese ferie. Un periodo, più o meno lungo, in cui staccare la spina dai problemi della quotidianità. Forse, per la risoluzione dei nostri, relativamente al movimento bowling, avremmo bisogno di un periodo di ferie eterno. Le cronache recenti, infatti, più che soffermarsi sugli ottimi risultati agonistici dei “soliti noti” (leggi Pongolini in quel di Madrid), vedono, al centro dell’attenzione dei più, le classiche ripercussioni di carattere federale. Pur essendo ancora in via di definizione la querelle sulle dimissioni di due componenti della Commissione Tecnica, che costituisce l’area pensante del nostro sport, emergono, a macchia di leopardo, altri lati oscuri, di certo frutto di una cattiva comunicazione, che contribuiscono, tuttavia, a generare, nei tesserati, pensieri negativi, illazioni, magari infondate, e congetture che, giorno dopo giorno, danno spallate energiche alla nostra struttura debole di per se. Senza voler entrare troppo nello specifico, ad esempio, ci chiediamo, fra i tanti, come mai un atleta, inserito nel programma di alto livello (Pier Paolo De Filippi) non abbia disputato la sua prova, al torneo di San Marino, con regolare divisa di gioco e che, nello stesso torneo, non sapesse di scendere in pista come nostro rappresentante, con relativi benefit annessi. Si dirà che apposita comunicazione fa bella mostra di se in home page, sul sito istituzionale, ma certo è anche che la stessa è postuma alla prova dell’atleta (quanto meno per la sua diffusione pubblica, stante alla data riportata in calce). Ergo siamo di fronte ad un qualche intoppo comunicativo. Il medesimo, magari, che ci ha impedito, per nostra sicura negligenza, di conoscere tempi e modalità per entrare a far parte del team federale, e non dalla porta “popolare”, ma attraverso uno stage propedeutico con relativa assunzione. Molti, troppo spesso, dimenticano che dietro le figure istituzionali del Presidente e dei Consiglieri ne esistono delle altre, appunto retribuite, che, quotidianamente, si adoperano per metterci nelle migliori condizioni possibili di affrontare la nostra attività, a livello locale, nazionale ed internazionale. Sempre in prima linea e sempre esposte alle nostre critiche. Bello a dirsi, ma a farsi? Ecco, come veniamo a conoscenza delle modalità e tempistiche per candidarsi ad uno di questi ruoli? Esiste un bando? Si procede per chiamata diretta? Chi decide? Domande lecite, certamente, di cui, però, non troviamo risposta nelle sezioni preposte, anch’esse lacunose e poco aggiornate, in barba al principio di trasparenza e comunicazione di cui spesso abbiamo sentito parlare in campagna elettorale e che ritorna prepotente in tante altre situazioni: dalla mancata comunicazione delle dimissioni di due membri del consiglio alla gestione allegra, o presunta tale, di un possibile cambio sede della segreteria centrale. Ecco, anche qui, sicuramente, siamo di fronte a qualche intoppo comunicativo. Ma se è vero che due indizi, o più, possono fare una prova, magari anche due intoppi, o più, possono significare qualcosa … forse! E nel mentre la disaffezione dilaga, così come le illazioni ed i … sentito che.
Uno dei principali problemi del nostro movimento, che difficilmente la federazione potrà risolvere, è la particolare conformazione geografica del nostro paese che, sviluppandosi in lunghezza, rende decisamente complicati ed onerosi gli spostamenti. Ben lo sanno i tesserati delle isole, al pari di quelli delle regioni meridionali, spesso chiamati ad intraprendere lunghe trasferte. Il dato emerge ancor di più quando si fanno delle comparazioni numeriche fra tornei del Tour giocati in contemporanea. Al pari della Sicilia, anche e specialmente la Puglia risente di tale problematica ed il torneo organizzato dai Dolmen, in quel di Triggiano, ne è la prova. Non parliamo di tornei di Serie A o Serie B e, forse, vogliamo anche comprendere il punto di vista dei giocatori di fuori regione, ma è un dato incontrovertibile che in qualsiasi data si disputino tornei in terra pugliese, gli stessi sono, passatemi il termine, snobbati da molti. Eppure le condizioni di gioco sono di tutto rispetto, al pari dei luoghi e dell’accoglienza di un gruppo di giocatori che trasmette, a pelle, la propria passione per questo sport. Una passione che risorge, di volta in volta, come una fenice, dalle proprie ceneri. Un po come accaduto con Piero De Cenzo, del Bc Salerno, ritornato in corsa, nel migliore dei modi, dopo un lungo stop per infortunio. Passato per le forche caudine della semifinale, l’atleta campano è riuscito a chiudere in testa il proprio girone di finale, incrociando la strada di Alessandro Martino, del Bc Superstrike, che aveva chiuso in testa anche le qualificazioni, con un personale di 1.679 birilli. Il match, su partita secca, a difesa della posizione, è stato equilibrato ed appassionante ed ha visto prevalere il salernitano 236-218. Nell’altro incontro per definire il podio, invece, la Melania Rossi del Bc Quirinale, migliore delle 7 donne partecipanti, ha controllato e battuto Emiliano del Barium 211-193. Curiosità finale: della folta rappresentanza del Dolmen, solo in due hanno centrato la qualificazione: Aldino e Giuseppe Tedone. Per la serie va bene l’accoglienza, ma stendere tappeti rossi agli invitati …