Vienna. Fra le capitali d’Europa di certo una delle principali in quanto a romanticismo. Una città ideale per vivere una favola. Scenario perfetto per le prestazioni, da protagonista, della maglia azzurra, quella indossata da Antonino Fiorentino ed Helga Di Benedetto. Tante volte, forse troppe, abbiamo visto e celebrato le serie e le prestazioni degli “stranieri”, in particolar modo degli scandinavi, considerando risultati nostrani come eccezioni alla regola (leggasi bronzo all’edizione scorso anno). Ed anche quest anno, almeno in partenza, il cliche (o meglio quasi una sarcastica critica tutta italiana) si è ripetuto, con gli osanna alla prestazione dello svedese Wetterberg, che, per carità, ha dimostrato, poi, nel corso della manifestazione, di meritarli, salvo però aver fatto prima i conti con un “qualcosa” che di certo ritornerà di notte sotto forma di incubo. Antonino Fiorentino, da Potenza, (da leggersi con la stessa enfasi della celebre scommessa equina in Febbre da Cavallo), ma trapiantato in Emilia per ragioni di studio. Uno delle colonne dell’asso pigliatutto dei Delirium, nonchè perno inamovibile della nostra nazionale. Il bimane azzurro ha disputato una gran qualificazione, chiudendo al secondo posto a 224 di media ed infilando, all’ultima partita, anche l’unico 300 del campionato. Ma non solo. Nel corso del primo step di finale ha ridotto, dato meramente statistico, il gap dallo svedese, che ha comandato sempre la classifica, da 280 e 25 birilli, lasciando chiaramente intendere la propria fame di medaglia. Una gestione, non si sa fino a che punto voluta, del secondo step di finale, ha offerto, come primo avversario, il francese Mouveroux, battuto 2-1 con l’ennesima partita over 260 del torneo. Quasi a voler anticipare quello che sarà lo spareggio per il mondiale di calcio, la finale ha visto opposti, anche qui, Svezia ed Italia. Avanti 1-0, grazie ad una di quelle chiusure che ti riescono forse una volta nella vita, Fiorentino ha saputo pareggiare i conti di prepotenza (225-268), prima di cedere il passo in maniera netta (246-196). Sul podio è medaglia d’argento. Di certo con l’amarezza di come poteva essere, ma anche con la consapevolezza di come sarà. Bronzo nel 2016. Argento nel 2017. Parafrasando il gergo della MotoGp, Fiore c’è. Un’assoluta certezza, che nei prossimi anni sarà l’incubo di molti. Chi è da tempo una certezza e di certo non un incubo (nel senso buono del termine) è la Helga Di Benedetto, che, dal canto suo, ha disputato un ottimo campionato, nel girone femminile, con una linearità da sottolineare nelle serie disputate. Ha passato in maniera agevole lo step delle qualificazioni e ha gestito al meglio il primo di finale. Tuttavia, il gap di 100 birilli, accumulato strada facendo nei confronti delle prime posizioni, era scoglio troppo arduo da superare in sole 4 partite. Vien da se che il settimo posto finale, unito alla medaglia, chiude in maniera più che positiva questa trasferta austriaca.
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